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Il Blog di Salvatore Muleo

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Postilla » Generale » Il Blog di Salvatore Muleo » Accertamento, sanzioni e processo tributario » Riforma del processo civile e conseguenze sul processo tributario

15 luglio 2009

Riforma del processo civile e conseguenze sul processo tributario

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L’impatto della riforma del processo civile, operata con legge n. 69 del 2009, sul processo tributario potrebbe esser maggiore di quanto sembri a prima vista.

L’art. 1, comma secondo, del d. lgs. 546 del 1992 infatti fa rinvio alle norme del codice di procedura civile per quanto non disposto e compatibile.

Occorre quindi verificare a) se le norme del codice di procedura civile sono cambiate e, in caso positivo, b) se le modifiche sono compatibili con il rito tributario (ovviamente, nel caso di mancanza di una norma specifica).

La norma da esaminare per prima è quella, fondamentale, dell’art. 115 c.p.c., per il quale, dal 4 luglio 2009, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti … nonché i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita. E’ invece rimasto inalterato il secondo comma, per il quale il giudice può tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza.

Il problema è se e come possa giocare la disposizione del primo comma dell’art. 115 c.p.c. nel processo tributario, nel quale manca una specifica regola sul riparto dell’onere probatorio ed è sempre stata reputata compatibile la disposizione della regola civilistica generale.

Peraltro, la novità introdotta nell’art. 115 c.p.c. in merito all’onere di specifica contestazione dei fatti allegati dall’avversario era già stata anticipata dalle posizioni della giurisprudenza degli ultimi anni, che, dapprima nel rito del lavoro e quindi nel rito ordinario, aveva enucleato la sussistenza di tale onere.

Ma altro è, evidentemente, un indirizzo giurisprudenziale, pur supportato dalla Suprema Corte (a cui rèvirèments siamo da sempre abituati) ed altro è una modifica legislativa. Anche perché, mentre la Cassazione ha distinto tra fatti principali e fatti secondari per escludere la sussistenza di tale onere per i secondi, la novella dell’art. 115 c.p.c. non lo ha fatto, lasciando intendere che esso si applichi a tutti i fatti.

Allora che conseguenze può avere tale norma nella dialettica del processo tributario?

In questo, oramai indiscutibilmente, l’onere della prova sta in capo all’Ufficio (attore in senso sostanziale) sebbene l’introduzione del ricorso avvenga ad opera del contribuente (attore in senso formale).

Le norme processuali tributarie specifiche impongono, peraltro, che il ricorrente indichi i motivi della domanda (art. 18) e che il resistente esponga le sue difese prendendo posizione sui motivi dedotti dal ricorrente (art. 23).

Quindi, per i motivi strettamente correlati alla fattispecie (vale a dire: per i motivi che non si limitino a riconfigurare le conseguenze giuridiche, accettando la ricostruzione fattuale effettuata da controparte) esisteva già un principio di fissità o, se si vuole, di non modificabilità a meno di estreme evenienze (art. 24).

Il novellato art. 115 c.p.c. potrebbe chiedere qualcosa in più: la specifica contestazione dei fatti dedotti da controparte.

Questa regola vale, a mio avviso, sia per il ricorrente (che ha l’onere di contestare specificamente i fatti posti a base dell’atto impositivo) sia per il resistente (che ha l’onere di contestare, altrettanto specificamente, i fatti dedotti dal ricorrente a contestazione di quelli esposti nell’atto impositivo). Il giudice, anche tributario, ha l’ obbligo di considerare assodati i fatti non specificamente contestati.

D’altro canto, l’onere di specifica contestazione deve esser posto in relazione al fatto in precedenza rappresentato da controparte ed alla specificità da quest’ultima osservata nella rappresentazione. Ancora, esso deve relazionarsi rispetto alla disponibilità del materiale probatorio (principio di vicinanza della prova).

Quindi, se l’amministrazione finanziaria asserisce che nell’anno 2007 Tizio ha effettuato operazioni di vendita senza fatturare, la contestazione non può che risolversi in una negatoria necessariamente generica, semmai supportata dai documenti che possono avvalorare la veridicità del dichiarato a seconda dell’attività esercitata. Vale a dire, la regola del nuovo 115 c.p.c. non può risolversi in una probatio diabolica (come si fa a fornire la prova negativa di tanti fatti addebitati con riferimento a tutto un anno solare?).

Se invece l’amministrazione finanziaria asserisce che il 29 giugno 2007 Tizio ha effettuato un’operazione di vendita senza fattura di un oggetto a Caio, allora la contestazione può e deve (per soddisfare l’onere) esser riempita del contenuto delle circostanze fattuali che siano pertinenti e significative con riferimento alla ricostruzione ipotizzata da controparte (esempio: non ho venduto nulla perché quel giorno era festa, etc.).

Certo, così ricostruita, la specifica contestazione altro non è se non un’eccezione e ciò rischia di incidere sui criteri di riparto dell’onere della prova. Ma questo è un discorso più generale.

Letture: 9290 | Commenti: 4 |
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4 Commenti a “Riforma del processo civile e conseguenze sul processo tributario”

  1. Raffaello Lupi scrive:
    Scritto il 15-7-2009 alle ore 20:04

    Insomma, il grado di approfondimento della contestazione viene modellato sul grado di approfondimento di quello che occorre contestare…ragionevole e proporzionale…certo l’introduzione del criterio nel processo civile fa pensare a un desiderio di celerità processuale in tutte le sedi.

  2. Fausto Ciapparoni scrive:
    Scritto il 20-7-2009 alle ore 12:51

    Ritengo che la questione sollevata sia perfettamente calzante ed applicabile al rito tributario. La novella dell’art. 115 cpc indirettamente rafforza il contenuto precettivo di una norma, quella dell’art.23 del Dlgs. 542/1992. Ed invero, atteso che nella prassi la difesa dell’Ufficio sovente si esaurisce in un unico atto, appunto la memoria di costituzione in giudizio,alla luce della riforma la mancanza di tale atto potrebbe determinare gravi ripercussioni sulla posizione della A.F. ai fini della decisione finale.

  3. giuseppe scrive:
    Scritto il 21-2-2010 alle ore 17:00

    Io penso che la novella dell’art. 115 del CPC vada in qualche modo ad intaccare, sul piano processuale, il principio sostanziale del riparto dell’onere della prova come formulato dall’art. 2697 CC.

  4. Salvatore Muleo scrive:
    Scritto il 22-2-2010 alle ore 10:36

    E’ proprio così. La questione dell’accertamento del fatto viene superata ed i fatti “si considerano” provati. Ma quando l’addebito è fantasioso, come si può non fare una contestazione generica? Se mi dicono che ho avuto rapporti con la Cina ed in Cina non sono mai andato nè con essa ho mai avuto relazioni, come faccio a contestare “specificamente”? Devo forse dire tutto ciò che ho fatto (di diverso) in un anno? Non è possibile.

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